GIOVEDI SANTO

Gesù si china per terra  e comincia a lavare i piedi dei suoi discepoli.

Tra poco avrò l’onore di ripetere il gesto a dodici padri della nostra comunità.

Signore, stasera ci commuove vedere il Tuo volto e le Tue mani chinarsi davanti alle nostre fragilità.  Qualcuno , qualche giorno fa, mi diceva: don Antonio, ma perché ti ostini tanto a cercare dodici papà, non sarebbe meglio e più facile  cercare dei bambini, dei ragazzi, qualche povero della Caritas…  In tutte le parrocchie funziona meglio!

Sì, sembra strano chinarsi davanti a persone sagge e forti, un bambino, un giovane, un povero sarebbero un segno più eloquente perché più deboli e il servizio sarebbe meglio rappresentato.

Carti amici, attingo a un’esperienza personale che racconto nella mia vita per la prima volta: dopo l’ultima notte accanto al mio papà, vicino alla morte, mi ritrovo al mattino, prima di una terapia, nello stingere le sue mani, faccio una domanda a papà, se aveva dolore, e mi sento una risposta: “Ho tanta paura”. Dico una parola di incoraggiamento e gli dico che sarei tornato dopo due ore, che ripassavo in parrocchia e rimaneva lì mia sorella… non mi ero reso conto o non pensavo che dopo 40 minuti avrebbe concluso, dopo un tragico e pesante calvario,  la sua vita sulla terra. Mi ha sempre colpito che io che avevo trovato sempre in lui forza, incoraggiamento, sostegno, nelle ultime parole significative mi sono sentito dire: Ho tanta paura.

Proprio un padre, nel momento conclusivo dell’esistenza, ha condiviso con me il timore e lo spavento. Il Signore si china davanti alle fragilità di ciascuno: le ha condivise dopo 40 giorni nel deserto, si è chinato davanti la fragilità della donna Samaritana al pozzo di Giacobbe, si è chinato davanti alla cecità del cieco nato, si è chinato davanti al sepolcro dell’amico Lazzaro…. Stasera, al termine della Quaresima si china davanti alle fragilità di ciascuno di noi: spiazza ogni sicurezza, smaschera ogni ostentata certezza e mette a nudo le nostre paure e le nostre fragilità.

Chinandosi davanti alle nostre fragilità, vi mette con tenerezza il suo sguardo, versa l’acqua rigenerante del suo amore abbondante, asciuga ogni ferita, bacia ogni paura. Stasera cari papà e mamme, nonni e nonne, uomini e donne soli, giovani e bambini, uomo e donna consacrata, persona che sei entrato in questa chiesa con tanto smarrimento e poche certezze, la fragilità s’illumina e diventa una risorsa. La fragilità diventa una possibilità nuova, la fragilità è condivisa e il Cuore di Cristo, stasera, diventa fragile con noi. Non ci spaventa, nel Cenacolo, raccontare le nostre fragilità. Mentre ci lavi i piedi, ci sentiamo talmente amati che non ci vergogniamo più di chi siamo e davanti a Te, o Signore, rimaniamo colpiti perché la Tua misericordia ha compassione e guarda con tenerezza ai miei limiti. Nessuno stasera deve avere paura delle sue fragilità, esse passano tra le mani umili del Figlio, vengono lavate dalla sua bontà, vengono comprese dalla sua tenerezza e si apre la prospettiva di una vita non migliore, sempre fragile, ma con una fragilità capace di generare. Te genitore, te nonno e nonna, te che sei solo,te giovane, se ci pensi bene, continui a generare nella vita proprio dalle tue fragilità: a volte, ed è ujn paraodsso, le tue certezze ti ostacolano e i tuoi limiti diventano fecondi. Ho ricevuto vita più dalle fragilità dei miei genitori che dalle loro certezze. Non si diventa santi, e stasera il Cenacolo, ce lo insegna, perché le ferite guariscono e noi diventiamo perfetti. Per Gesù, da quel momento in poi, la salvezza coabita con le sue piaghe di uomo Crocifisso. C’è una idealizzazione della santità che sorge da un perfezionismo psichico, morale e spirituale. Noi siamo sempre zizzania e buon grano e il Signore ci chiede di offrili entrambi. Carissimi, continuiamo a lasciarci amare da Cristo proprio nelle nostre fragilità. Nessuno, proprio nessuno, si deve spaventare: le confesisoni più belle che ho fatto da sacerdote è quando ho incontrato penitenti sereni davanti alle loro stanchezze. Cristo si china e ci sorride e ci rende fecondi proprio attraverso la feritoia dei nostri limiti.

Cristo si china per terra e comincia a lavare i piedi dei discepoli. E’ un gesto che genera fraternità. Trovarci attorno all’altare come questi dodici papà, ci avvicina, ci fa comunità. Il gesto della lavanda dei piedi genera stima reciproca, aumenta l’affetto e l’intesa, in qualche modo ci fa complici gli uni degli altri. Prego con voi che questa Messa aumenti la temperatura del nostro essere comunità. Lo dobbiamo ai nostri ragazzi: hanno bisogno di vedere dal vivo comunità significative, che nel volersi bene, nell’esserci sanno moltiplicare l’unità. Siamo stanchi di una Chiesa fredda, di mura che non scaldano il cuore, di vedere ragazzi che si avvicinano ai nostri luoghi e non trovano casa, ai nostri bambini che vengono accompagnati senza essere introdotti nel gustare la gioia di una relazione bella con Gesù, l’amico e il fratello, servo tenero e ostinato. Cari amici, dopo gli anni del Covid, dopo la paura e lo smarrimento, la solitudine e l’inquietudine, ci supplichiamo a vicenda nel dirci che la fraternità non può più attendere: è urgente essere comunità, è urgente la fraternità, è urgente aumentarla, moltiplicarla, diffonderla, testimoniarla tra queste mura. Nel lavare i piedi dei papà stasera vorremmo esprimere l’impegno tutti a far diventare questo luogo spazio di relazioni che scaldino il cuore… vorrei impegnarmi di più perché nessuno esca da queste mura, con un po’ più di calore nel suo intimo e con la convinzione che la fraternità è ancora possibile. Nel Cenacolo Gesù c’insegna  che investire oggi in legami di fraternità è una strada certa per una vita piena, migliore, ciò che conta non è programmare il bene, ma la via è quella dell’incontro, radicati in Cristo, il nostro diventa lo stile della porta aperta sempre, per tutti.

Cristo si china e comincia a lavare i piedi dei discepoli.

Oggi si ricorda l’istituzione dell’Eucarestia. Un sacramento meraviglioso, frutto della creatività originale di Dio. E’ bello per noi sacerdoti celebrare ogni giorno, sempre, fino alla morte. E’ l’opera più grande del nostro sacerdozio. Il pane spezzato è il dono. Sì, oggi il Signore dice grazie a ciascuno di voi, si china davanti a questi papà, per ringraziarli di ciò che siete. Spezzate il pane per i vostri figli e siete memoria viva dell’Eucarestia. Ogni volta che un uomo e una donna spezzano del pane, consumano il cuore per amore di un altro o di un ‘altra, sanno nascondersi e perdere per amore, continuano a celebrare l’Eucarestia,  a prolungare il gesto del Cenacolo. Grazie a nome di Dio per tutto l’amore che voi padri, voi mamme, voi ragazzi, voi uomini e donne anche senza figli, continuate a spargere: grazie perché vi consumate per amore, grazie perché nella vita soffrite per amore, grazie perché avete perso tutto per voler bene, grazie perché non avete avuto paura di chinarvi per terra, pur di amare, grazie perché avete saputo dimenticarvi per amare. Di questo Dio, che vede nel segreto, vi ricompenserà.

Permette da ultimo che anche noi sacerdoti oggi esprimiamo il nostro sì e la gioia di essre sacerdoti. Desidero come Parroco rinnovare il mio impegno e il mio esserci a nome di Cristo. Desidero dire, in questa terza pasqua per me, che mi sono sempre più innamorato di San Roberto, per questa Parrocchia sogno cose belle, sogno una comunità viva e non nascondo, che pure con le fatiche che ci sono, nel cuore questa Parrocchia mi entusiasma, mi mette giovinezza e vi sono grato perché in questi tre anni , è aumentata molto la gioia di essere nella Chiesa un sacerdote.

Carissimi, stasera non ci vergogniamo di essere fragili, chiediamo di farci artigiani di fraternità, consegnamo tutti l’amore che ci consuma senza pentirci mai di aver perso, stringiamoci anche noi le vesti ai fianchi e continuiamo, nel pane spezzato, a gustare la nostra vita, questa vita così come è, non un’altra, e a essere testimoni che Dio non poteva regalarci una vita migliore. Grazie, Signore, perché davanti alla mia vita, a questa vita, continui a chinarti e a riversare abbondante tenerezza!

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