Omelia del Mercoledì delle Ceneri 2024

 Un tempo lungo e impegnativo quello che iniziamo oggi. In genere è identificato come un tempo pesante, grigio, dove ci ritroviamo a fare sacrifici, a prendere impegni, a portare avanti propositi difficili da attuare… e ci ritroviamo con delle ceneri sul capo, pensando di aggiungere un ulteriore peso ( anche un po’ triste )  alle già tante fatiche e pesantezze delle nostre giornate. Invito me e tutti voi a rileggere la Quaresima come un tempo leggero, invece, spazio in cui torniamo a respirare, ad alleggerire l’animo, a ritrovare gusto e piacere di vivere, tempo in cui ci riscopriamo felicemente abitati dalla tenerezza di Dio.

Le ceneri sul capo non siano segno di vita grigia e pesante, fugace, come tempo che ci ruba l’entusiasmo e il sogno… Oggi, mi auguro che le ceneri sul capo siano il segno che t’incoraggia a ridirti chi sei, segno leggero che ti aiuti a prenderti con ironia, senza credere troppo in te stesso, a considerarti troppo seriamente… a darti la misura di ciò che sei per davvero e di non sentirti più il centro della vita, ma paradossalmente siano il segno per te che si vive solo quando ci si dimentica. Siano il segno di vite spensierate perché disoccupate finalmente da se stesse, vite dove l’io non è più così centrale. Le ceneri siano il segno di esistenze prive di superbia, di giornate senza protagonismi, di corse che hanno finalmente una meta, di cammini che possano riprendere a desiderare e a sognare ad occhi umili ed aperti, siano il segno di giornate dove si torna a sorridere del mondo, a guardarlo con semplicità, siano il segno che ci fanno guardare con empatia la storia, siano il segno che ci facciano sentire l’urgenza di provare a riorientare i sentieri di male e di orgoglio, in sentieri di pace e di fraternità.

Si apre il tempo dell’elemosina. E’ l’ora non tanto di pezzettini di carità che poi si riducono a sterile assistenzialismo o ad acquietare un senso di giustizia o risvegliare una coscienza, ma sia un’elemosina ampia, allargata che ci conduca in questi quaranta giorni a rivisitare le nostre relazioni. L’elemosina ci spinga a rivedere gli altri non come rivali, non come ostacolo, ma nonostante  qualche loro intemperanza che c’infastidisce,  a riscoprirci tutti mendicanti di amore, di relazioni sane e vere. E’ tempo di offrire noi stessi davanti alla mano tesa di chi ci vive accanto e chiede anche da noi briciole di affetto e di considerazione. E’ il tempo di elemosina senza guardare l’orologio, di spazi frequenti di dialoghi pacati e sereni, di risate e giovialità, è tempo di mettere nelle mani mendicanti dei nostri familiari, dei nostri amici, dei nostri colleghi, dei nostri amici in parrocchia, la disponibilità delle nostre risorse, la povertà del nostro cuore, la sincerità dei nostri sentimenti, di esprimerli senza pudore o diplomatiche distanze. E’ tempo di dare in elemosina partendo da una spoliazione di noi stessi, finalmente capaci di consegnare la vita per amore. E’ tempo di elemosina come criterio per vivere felici, è tempo di tornare a reimparare come fosse la prima volta , il linguaggio del consumarsi: questo è il mio corpo, questo è il mio sangue dato per te. Sia sempre alta la temperatura dell’elemosina, non si spenga mai l’entusiasmo di donarsi, di perdersi per amore, non si spenga mai la voglia di dire dei sì oggi e per sempre, come fosse il primo giorno, come fosse l’unico.

Sia il tempo della preghiera: non di preghiere devote e sterili, di relazione con Dio relegata a precetti, a rigidità che ci illudono di averlo accanto, ma ce lo allontanano, ad una relazione che si limita a decidere con Lui cosa è bene fare o non fare, cosa ci deve dare o cosa ci può regalare… ma si tratta di far diventare la vita una preghiera, dove Dio riempie tutti gli spazi interiori ed esteriori, dove Dio abita sul serio relazioni e situazioni, dove Dio abbia il primato; si tratta di diventare consapevoli continuamente che siamo alla Sua Presenza e che ci è accanto, senza mai separarsi da noi.

E’ il tempo del digiuno: non tanto materiale, ma del digiuno di noi stessi: il tempo di tornare ad essere liberi, non schiavi di progetti e situazioni, dell’opinione degli altri e del consenso, della ricerca sempre più ansiosa di appagamenti e soddisfazioni, è il tempo di non usare più gli altri per realizzare un io mai contento di ciò che realizza, è il tempo di vite senza ingordigia, senza inutile spreco di affetti e di tempi senza senso, di pigrizie e di tempi annoiati e annoianti, è tempo di rompere con abitudini inutili che lacerano e distruggono, è ora di avere fame di ciò che sazia veramente, di bere ciò che disseta per sempre.

E’ l’ora di entrare con gioia in quel segreto del Padre, ritornare ad essere figli. Questa sia la meta della nostra Quaresima. L’essere figli ci basti, sia la nostra pienezza.

E’ singolare che la Quaresima quest’anno coincida con la memoria di San Valentino, festa di tutti coloro che sono innamorati.

Sia per noi una coincidenza che provochi il cuore.

In ognuno di questi quaranta giorni possiamo addormentarci e dire al Signore: oggi ti ho amato più di ieri.

Sia solo l’Amore per Te, Signore, ciò per cui vale la pena vivere; sia solo l’Amore per Te la nostra testimonianza, sia solo l’amore per te ad avvicinarci tra noi, sia solo l’amore per te a far crescere la fiducia, e anche ci doni di arrivare a celebrare la Pasqua come vera comunità, come  Popolo di san Roberto, felice di avere Te come principio, Te come mano tenera che ci sostiene, Te come fine di ogni pensiero, di ogni parola, di ogni azione.

Sia una Quaresima dell’incontro e della comunità: sia tempo in cui nel segreto questa Parrocchia si rinnovi e da fratelli e sorelle, ci mettiamo tutti nel segreto del Padre, volendoci bene dal profondo. Il nostro vivere questa Quaresima 2024 lasci un segno nella storia della  parrocchia e ci faccia essere segno luminoso e credibile in chi attraversa le mura di queta  nostra casa.

Amen.

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